venerdì 1 febbraio 2008

CHRISTIAN BOBIN: UNA LIBRERIA DI NUVOLE, (Lettres vives, 2006).


















In questa Bibliotèque de nuages, sfogliamo pagine che ci parlano della vita intimamente legata alla morte: “ogni giorno può essere l’ultimo: non ce n’è dunque nessuno di insignificante.” Si tratta – come spesso accade nei libri di Christian Bobin - di una sorta di diario senza data, ma segnato dal mutare delle stagioni: il freddo dell’inverno bagna l’inchiostro immerso nella neve delle prime parole, mentre l’oro delle ginestre, anche se non ancora nel pieno dell’estate, colora di un vento luminoso le ultime pagine, quasi a voler scandire con più vigore la rinascita che sta avvenendo.
La scrittura riprende la veste tutta bobiniana ritmata da spazi bianchi intercalati da pensieri e riflessioni che si intrecciano tra loro, fino a creare un unico respiro.
La voce si fa sempre più chiara, nitida, mai ingenua.
La percezione della vita e della morte subisce in queste pagine – e quindi, a mio avviso, anche nella vita dell’autore - profonde trasformazioni. I temi di sempre come la scrittura, la vita , la morte, la contemplazione di ciò che è minuto, insignificante, l’amore per le persone care, l’attenzione per gli uomini e le donne incontrati, tutti questi temi e altri ancora, sembrano entrare in un’altra dimensione, in una vita nuova. Tutto è compiuto. Tutto vive. Ma un nuovo tempo si sta aprendo portando con sé un ulteriore distacco dal mondo necessario a colui che vive e scrive, per immergersi, in modo ancora più “compiuto”, nella sua vita di tutti i giorni. Nella sua nuova vita. Nulla viene abbandonato, tradito o dimenticato.
Il passato, la morte - che ha portato via con sé tante persone amate e care -, il dolore di chi è sopravvissuto, oggi, uniti insieme, possono dare ancora più vigore a ciò che è in vita. Che vive accanto. Dinanzi.
Forse è per questo che egli può concludere il libro così: “Sento il rumore dei passi sulla ghiaia attorno alla mia tomba. La gioia di morire si avvicina al mio cuore – come un pettirosso mentre sbatte le ali davanti ad una finestra chiusa.
[1]
La scrittura in Bobin aiuta la vita a rinnovarsi, a portare l’estrema attenzione sul mondo, e come sempre, essa non si pone mai al di sopra della vita. Tutt’altro. “Sono talmente felice di legarmi, mentre scrivo, ad altri esseri umani, che quando scrivo sono consapevole degli ossicini e poi della polvere sottile in cui si ridurrà la mia mano destra.”
[2]
Non solo chi scrive è consapevole di quanto tutto sia poca cosa rispetto alla morte, ma sa che la vita è colei che, sola, può dare ragione della scrittura: senza un lettore tutto resterebbe lettera morta: “Le frasi scritte scivolano lungo le pagine verso la tomba dell’ultima parola – fino a quando l’attenzione di un lettore non le sollevi dalla morte.”
[3]
Egli stesso ha sfiorato la morte due volte: giovane ventenne e pochi mesi prima della pubblicazione di questo libro. Leggiamo nelle ultime pagine: “Nel marzo 2006, la mano di Dio nella quale riposa il mio cuore fiducioso, si è improvvisamente contratta. Un dolore ha ferito il mio petto. Il pensiero che quel giorno potesse essere l’ultimo mi ha illuminato.”
[4]
In questa Bibliothèque de nuages ritroviamo volti a lui cari: l’amica Ghislaine, il padre, gli amici scrittori e poeti: André Dhôtel
[5]e Jean Grosjean[6]. Tutte vite che non abitano più questa terra: per alcuni sono trascorsi molti anni per altri solo qualche mese, come per l’amico poeta Jean Grosjean. Un uomo di lettere cui Bobin si sente profondamente legato e che reputa un vero scrittore: ovvero qualcuno che non chiede al lettore di essere adorato per ciò che scrive, ma che desidera invece donare qualche ragione in più per vivere.
Il Cristo si è impadronito del linguaggio come di una scure di luce per spaccare la legna morta delle anime, poi ha gettato la scure in fondo all’universo, sotto un roveto di stelle dove San Giovanni l’ha ripresa, poi, duemila anni più tardi, Jean Grosjean.”
[7] Un autore, quindi, che usa il linguaggio come fanno i Vangeli che “sono l’unico libro la cui esistenza non umilia le persone prive di una cultura letteraria.”[8].
A questo proposito, tornano alla mente alcune parole che troviamo ne La Lumière du monde (2001)
[9], che indicano il percorso interiore e l’elaborazione del lutto vissuti dall’autore, a seguito della tragica morte di Ghislaine:

“[…] i miei primi libri dicevano l’ombra e la luce insieme, ma in “Più viva che mai”, che racconta la morte di un essere caro, la morte è resa irreale. La sofferenza in me ha lungamente scritto in rosa: ho portato il reale verso il rosa, mi sono messo in uno stato di assenza di gravità, per soffrire di meno. È come se avessi scavalcato il mio dolore chiudendo gli occhi per non vederlo, e ciò ha probabilmente permesso ai lettori di fare la stessa cosa e di attraversare l’impensabile. In realtà, quando ho assistito a quel funerale, ho vissuto un’esperienza quasi insostenibile: all’uscita di chiesa, c’era una campana che suonava. Non sapevo che si potesse fare tanto male all’aria. Come se la campana, per una specie di esperimento scientifico, avesse tolto l’aria fino all’asfissia. Oggi non voglio più sottrarmi al dolore. Voglio scrivere e leggere dei libri che accompagnino realmente in questi momenti, senza eludere la sofferenza, libri che non mi tradiscono e che non rischino di coprire il rintocco a morte.
[10]

Bobin è un accanito lettore che però, negli anni, ha imparato a scegliere: la Bibbia, Emily Dickinson, Teresa D’Avila, Kierkegaard, Giovanni della Croce, il Corano, André Dhôtel, Jean Grosjean sono i volti che abitano “la sua libreria di nuvole”, che ospita anche gli amici vivi come Jean-Marie Kerwich
[11], “un profeta della Bibbia”: “Egli [ci] parla del cielo con una delicatezza pulita da far vergognare il dio distratto che governa i nostri giorni. Va verso il messia a gambe levate come farebbe il gatto dagli stivali.”[12]
Ma la sua libreria non è fatta solo di libri, in essa vi dimorano soprattutto i volti delle persone amate: “Rivedo il volto di mio padre incorniciato da un elmetto di nobili pensieri. Mi stava dinnanzi come un libro prezioso. Imparavo a vivere leggendolo.”
[13]
Leggere. Scrivere. Vivere. Un tutt’uno per Christian Bobin: “Tutto è lettura per me. La parte più grande della mia libreria è nel cielo, coi suoi volumi sparsi di nuvole, mai allo stesso posto.”
[14]

Una bibliothèque de nuages dove oltre alla natura animata da cinciallegre, tortore, farfalle, fiori di tarassaco, ginestre, cardi blu, e altro ancora, ritroviamo i luoghi della memoria uniti a quelli della vita presente. La terra di Borgogna con la cattedrale di Autun, la casa dei nonni a Montpont-en- Bresse, la chiesa romanica di Brancion dove egli assiste ad un bellissimo concerto di arpa ma dove lo stupore gli viene donato da un cardo blu che vede all’uscita
[15] . E ancora la sua Le Creusot con la chiesa dalla volta scrostata di Saint-Charles, il sentiero e la foresta di Saint Sernin, e poi la terra dell’Isère dove è vissuta Ghislaine, e dove si trova la piccola chiesa di Saint Ondras.
Ascolto Bobin seduto nella chiesa di Saint Charles, a Le Creusot, dove abita: “Non cerco Dio nelle chiese. Non lo cerco da nessuna parte, lo guardo venire da tutti i lati nascosto nell’impazienza di un bambino o dietro allo schermo di un cielo grigio. Quel giorno lo intravidi in una manciata di anemoni che bruciavano sull’altare: la loro debolezza (la morte vi aveva già posato l’ombra ormai blu della sua mano) mi parlava della segreta dolcezza che rende la parte più nascosta delle nostre ore semplici, capace di resistere.
[16]

Ed è sempre nella debolezza, nella fragilità che scorge la presenza di Dio, come nella maestosa cattedrale di Strasburgo: “Sono entrato nella cattedrale di Strasburgo. Qualcuno suonava l’organo. Nelle cattedrali c’è solo il vuoto e questo vuoto, a respirarlo, a camminarvi dentro, faceva affiorare in me una grande pace, dappertutto rifiutata in città.” Qui la potenza di Dio non è data dalla statua del Cristo con il petto sanguinante né dalla croce piantata in un cranio che esce dalla terra – idea di uno scultore medievale un po’ cupo - ma dal gesto che egli vede compiere da due bambini di cinque anni: “Mi misi a sedere davanti al coro. Non aspettavo più nulla. Due bambini di quattro e cinque anni, accompagnati dal padre, sfilarono davanti all’altare inarcando il petto. Portavano grandi foglie morte. Da quel tesoro proveniva la loro fierezza. Nell’istante in cui vidi l’increspatura delle foglie, seppi che avevo dinnanzi a me il solo Cristo vivente della cattedrale: quella debolezza del sacro-cuore di foglie morte – stringendo appena un po’ le manine, i bambini avrebbero potuto ridurre tutto in polvere- era il segno evidente di una presenza divina: non più un trionfo, ma un corpo estenuato che la luce delle candele attraversava come una vetrata.
[17]

Oltre alle grandi cattedrali o alle piccole chiese di campagna, Bobin ci accompagna anche nei luoghi abitati dai morti: nel cimitero di Provins (nell’Ile-de-France), dove è sepolto l’amico scrittore André Dhôtel oppure dove riposano in pace la sua madrina e l’amato amico Jean Grosjean. Ma come le nuvole che sempre mutano di luogo e di forma, così i ricordi, i volti e i luoghi si trasformano nello spazio e nel tempo per rimanere comunque impressi nel presente, come accade per la casa dei nonni: “Davanti alla casa di Montpont-en-Bresse, hanno lasciato agonizzare un mendicante per tutta la notte in un fossato. Ero piccolo, imparavo a leggere il libro nero del mondo, quello del quale gli uomini scrivono una riga ogni volta che si assentano dalla loro anima. Ogni persona ha la propria croce: e non smette di colpirsi.”
[18]

Nei ricordi abitano anche persone incontrate per un solo attimo o un solo giorno, come ad esempio il rigattiere di Louhans con il suo arlecchino; oppure un muratore e una donna delle pulizie, vere icone della vita contemplativa; ma c’è anche l’avara fiorista che vende fiori appassiti davanti ai cimiteri ravvivandoli con un po’ d’acqua
[19] e che ricorda l’allegoria dell’avarizia della cattedrale di Autun, oppure il monaco incontrato nel chiostro di Saint-Guilhem-le-Désert[20], infastidito dalla neve (cosa imperdonabile agli occhi di Bobin!) e le due piccole suore di Port-Royal[21] che come due tortore camminano a piccoli passi nel giardino del convento.

La vita contemplativa è la sola, ciascuno la sente, anche coloro che più sono immersi nella vena della vita materiale.”
[22]

NOTE AL TESTO
Le parti relative al testo Bibliothèque de nuages e agli altri libri di Bobin inediti in Italia sono stata tradotte dalla sottoscritta.
Foto 1: Une bibliothèque de nuages nell’edizione Lettres vives, 2006.
Foto 2: poeta, scrittore e traduttore Jean Grosjean (1912-2006).
Foto 3: chiesa di Saint-Charles a Le Creusot dove vive Christian Bobin, in Borgogna.
Foto4: Cattedrale Saint-Lazare di Autun, in Borgogna
Foto 5: interno della Cattedrale Saint-Lazare di Autun, in Borgogna.
Foto 6: chiesa romanica di Brancion, in Borgogna.
Foto 7: Vista panoramica del villaggio di Saint-Guilhem-le-Désert, situato sul cammino di San Giacomo di Compostela, nel sud della Francia vicino a Montpellier.
Foto 8: Lydie Dattas, scrittrice francese, autrice del libro La luce del mondo.



Note al testo:
[1] Une bibliothèque de nuages, Lettres Vives, 2006, p. 63. Il libro non è ancora stato pubblicato in Italia, le traduzioni dei brani citati sono di chi scrive.
[2] Une bibliothèque de nuages, Lettres Vives, 2006, p. 8.
[3] Une bibliothèque de nuages, Lettres Vives, 2006, p. 57.
[4] Une bibliothèque de nuages, Lettres Vives, 2006, p. 61.
[5] André Dhôtel è uno scrittore francese nato il 1° settembre 1900 à Attigny (Ardennes, Francia), e morto il 22 luglio 1991 à Parigi. Conosciuto dal grande pubblico per il romanzo Le Pays où l'on n'arrive jamais (1955, Prix Femina). (http://www.andredhotel.org/)
[6] Jean Grosjean (Parigi 21 dicembre 1912 - Versailles 10 aprile 2006): è il poeta dell’ora intima famigliare, traduttore di Eschilo, dei testi biblici. Ha abbracciato il sacerdozio all’età di 27 anni, per lasciarlo dopo 11 anni. Militare in Libano, poi nel 36-37 viaggia in Siria, Palestina, Egitto. Nel 1939, a 27 anni viene ordinato prete. Prigioniero nel campo di Sens, incontra André Malraux, mentre nella Pomerania (regione situata al sud del Mar Baltico, che comprende parte della Germania e della Polonia), incontrerà Gallimard a cui rimarrà legato da una profonda amicizia. Dopo la guerra, farà parte della redazione e del comitato di lettura della casa editrice Gallimard. Si sposa e va a vivere nell’Aube (Champagne-Ardenne), dedicandosi a lavori di traduzioni: Eschilo, Shakespeare, il Corano, la Bibbia. Nel 1989, fonda con Jean-Marie Le Clézio la collana presso Gallimard “L’Aube de peuples”. E’ autore di diverse raccolte di poesie uscite presso le edizioni Gallimard. (fonti: www.gallimard.fr e http://fr.wikipedia.org/wiki/Jean_Grosjean)
[7] Une bibliothèque de nuages, Lettres Vives, 2006, p. 12.
[8] Une bibliothèque de nuages, Lettres Vives, 2006, p. 39.
[9] La luce del mondo è stato pubblicato sei anni dopo la morte di Ghislaine, mentre Più viva che mai è stato pubblicato appena un anno dopo. La luce del mondo è un libro scritto quasi a quattro mani: la scrittrice Lydie Dattas trascrive il dialogo avuto con Chrisian Bobin, tutto alla prima persona, senza le domande e le risposte tipiche di un’intervista. Penso che senza una profonda amicizia e stima tra i due scrittori, il libro non avrebbe mai potuto prendere questa forma.
[10] La luce del mondo, Gribaudi, 2006, p. 41
[11]Jean-Marie Kerwich, scrittore gitano francese, autore del libro L’angelo che zoppica, pubblicato nel 2005 da Le Temps qu’il fait.
[12] Une bibliothèque de nuages, Lettres Vives, 2006, p. 26.
[13] Une bibliothèque de nuages, Lettres Vives, 2006, p. 21
[14] Une bibliothèque de nuages, Lettres Vives, 2006, p. 39
[15] Une bibliothèque de nuages, Lettres Vives, 2006, p. 44
[16] Une bibliothèque de nuages, Lettres Vives, 2006, p. 14-15
[17] Une bibliothèque de nuages, Lettres Vives, 2006, p. 9-12
[18] Une bibliothèque de nuages, Lettres Vives, 2006, p. 27
[19] Une bibliothèque de nuages, Lettres Vives, 2006, p. 52
[20] Il villaggio di Saint-Guilhem-le-Désert è situato sul cammino di San Giacomo di Compostela, nel sud della Francia vicino a Montpellier.
[21] Une bibliothèque de nuages, Lettres Vives, 2006, p. 26
[22] Une bibliothèque de nuages, Lettres Vives, 2006, p. 55