sabato 12 gennaio 2008

FRANÇOIS-RÉNÉ DE CHATEAUBRIAND: UN ARISTOCRATICO A GERUSALEMME – 1806 (5^ parte) : VERSO GERUSALEMME
















Il tre ottobre del 1806 alle quattro del pomeriggio, François-Réné de Chateaubriand (con i domestici, un padre custode dell’Hospice des Pères di Giaffa e due arabi), si mette in viaggio per raggiungere Gerusalemme. Attraversa la pianura di Saron tra Giaffa e Cesarea, passa per molti villaggi tra i quali Al-Ramleh (da non confondere con Ramallah), Lod, Latroun (Larron), il “villaggio di Geremia detto anche Abu Gosh o El Qarya”, e il villaggio di Keriet-Lefta[1]. Raggiungerà Gerusalemme solo a mezzogiorno e ventidue minuti del giorno successivo, il 4 ottobre. (In questo caso, il nostro aristocratico francese è stato davvero preciso nel riportare la data del suo arrivo nella città santa!).
Per descrivere la strada da Giaffa a Gerusalemme e non solo, Chateaubriand si avvale degli storici e dei viaggiatori che l’hanno preceduto; tra cui il barone Deshayes, inviato nei luoghi santi da Luigi XIII, il padre gesuita Père Néret (XVIII secolo) e il conte di Volney[2] (1757-1820). Sarà una costante del suo viaggio citare i suoi predecessori per informare il lettore su tutto ciò che incontra e vede: l’origine del nome di Giaffa, la storia di Gerusalemme, la descrizione dei luoghi santi, la storia delle crociate o del Santo Sepolcro, e molto altro ancora. Tra i tanti personaggi che cita, non può non ricordare il Tasso con la sua Gerusalemme liberata e Napoleone Bonaparte, che prese d’assalto con i suoi soldati la città di Giaffa nel 1799.
Per gli Arabi, il ricordo del grande imperatore francese è ancora vivissimo: sono trascorsi solo cinque anni dalla Campagna d’Egitto, quando Chateaubriand incontra, sulla strada per Gerusalemme, alcuni piccoli beduini che marciano al grido di “En avant! Marche!” in lingua francese. Un’immagine che gli rimarrà talmente impressa che egli concluderà le pagine del suo itinerario proprio con questo ricordo; vedere come questi giovanissimi beduini si divertano ad imitare i grandi soldati francesi è qualcosa che lo riempie di un grande orgoglio e gli regala una gioia simile a quella che deve aver provato Robinson Crusoe quando ha sentito parlare il suo pappagallo! Eccoci davanti a uno dei tanti atteggiamenti colonialisti dell’aristocratico francese che Edward Said non poteva non evidenziare:


[per Chateaubriand] L’arabo d’Oriente era un “uomo civile ricaduto nello stato selvaggio”: nessuna meraviglia, quindi, che, osservando gli arabi sforzarsi di parlare francese, il nobile viaggiatore si sentisse come Robinson Crusoe, stupefatto all’udire il suo pappagallo pronunciare la prima parola.[3]

Ma proviamo a viaggiare insieme al trentottenne François e immaginiamoci come poteva essere quella terra ben 202 anni fa! Siamo sulla strada che da Giaffa, a quel tempo, portava a Gerusalemme:

Tuttavia avvicinandosi a San Geremia, fui un po’ consolato da uno spettacolo inatteso. Greggi di capre dalle orecchie cadenti, montoni dalle grandi code, asini che ricordavano per bellezza l’onàgro delle Scritture, uscivano dal villaggio al sorgere dell’aurora. Donne arabe facevano seccare l’uva nelle vigne: qualcuna aveva il viso coperto da un velo e portava sul capo un vaso colmo d’acqua, come le figlie di Madian[4]. Alle prime luci del giorno, dal borgo delle case, saliva un fumo bianco come vapore; si sentivano voci confuse, canti, grida di gioia. Quella scena creava un gradevole contrasto con la desolazione del luogo, e i ricordi della notte.
La nostra guida araba aveva ricevuto anticipatamente il diritto che la tribù esige dai viaggiatori; e noi passammo senza ostacolo. D’un tratto fui colpito da queste parole pronunciate distintamente in francese: “En avant: Marche!”. Volsi il capo e scorsi una truppa di piccoli Arabi tutti nudi che si esercitavano con dei bastoni di palme. Non so quale vecchio ricordo della mia prima vita mi tormenti: e quando mi si parla di un soldato francese, mi batte il cuore; ma vedere dei piccoli Beduini nelle montagne della Giudea imitare le nostre esercitazioni militari e serbare il ricordo del nostro valore; sentirli pronunciare quelle parole che sono, per così dire, le parole d’ordine dei nostri eserciti, e le sole che conoscano i nostri granatieri: ci sarebbe stato di che emozionare un uomo meno innamorato di me della gloria patria. Non mi spaventai come Robinson quando sentì parlare il suo pappagallo, ma rimasi affascinato non meno del famoso viaggiatore. Diedi qualche moneta turca al piccolo battaglione, dicendogli: “En avant: Marche!”. E per non dimenticare nulla, gli gridai : “Dio lo vuole! Dio lo vuole!” come i compagni d’armi di Goffredo e di San Luigi.
[5]

E finalmente, eccolo scorgere Gerusalemme:

[…] Improvvisamente all’estremità dell’altopiano, scorsi una linea di mura gotiche fiancheggiate da torri squadrate, dietro alle quali emergevano alcune punte di edifici. Ai piedi delle mura, appariva un campo di cavalleria turco, in tutta la sua pompa orientale. La guida gridò “El-Cods!” La Santa (Gerusalemme) e fuggì al gran galoppo[6]

(La traduzione dei brani tratti dall'Itinéraire è opera della sottoscritta!)

Foto 1: Gesuiti verso la Terra Santa nel XVIII° sec.
Foto 2: Il conte di Volney, (1757-1820)(per saperne di più: http://www.jerusalem-pedibus.net/site_fr/index_fr.html?http&&&www.jerusalem-pedibus.net/site_fr/volne_fr.html) Foto 3 : Réné-François de Chateaubriand (1768-1848)
Foto 4: Edward Said (1935-2003)
Foto 5: I pastori 1931 – http://www.eliaphoto.com/
Foto 6: Prendere acqua alla fonte 1935 – http://www.eliaphoto.com/
Foto 7: Macellazione dell’agnello 1930 – http://www.eliaphoto.com/
Foto 8: Ragazzo beduino 1935 – http://www.eliaphoto.com/
Foto 9: Ogràno (Asino selvatico: equus emonius)


NOTE AL TESTO
Le citazioni dall'opera di Chateaubriand sono state tradotte da me.
[1] Nella traduzione riporto i nomi dei villaggi così come sono trascritti nel libro di Chateaubriand. In Israele, oggi, Giaffa fa parte del più ampio comune di Tel Aviv (Tel Aviv-Yafo)
[2] Il conte di Volney, (1757-1820), filosofo e orientalista, verso la fine del XVIII secolo, a 25 anni, intraprende un viaggio verso il levante che durerà 5 anni. Al suo ritorno pubblicherà Voyage en Syrie et en Egypte. Tale opera ebbe un grande successo e fu un punto di riferimento per Bonaparte e i suoi ufficiali durante la Campagna d’Egitto.
[3] Edward Said, Orientalismo, Feltrinelli 2006, p. 173.
[4] Esodo II, 16-17
[5] Chateaubriand, Itinéraire de Paris à Jérusalem, op.cit., p. 295-296
[6] Chateaubriand, Itinéraire de Paris à Jérusalem, op.cit., p. 297

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